giovedì 22 settembre 2016


“... E nel mio nome imporranno le mani ai malati e questi guariranno"

Mc 16,15-20.




Caro Dio.

Non ho ancora capito se esisti oppure se sei solo un’invenzione che l’uomo ha creato per sentirsi meno solo, ma non importa.
Male che vada, se non ci dovesse essere niente di superiore a noi, niente che ci ha creati o niente che regola il nostro mondo, avrò parlato a me stessa, e va bene così.
Se invece tu davvero esisti, in una qualunque forma; che sia luce, fuoco, buio, forza, aria o elettricità, non importa. In quel caso per favore ascoltami, se ne sei in grado.

Io non so perché siamo quello che siamo o perché facciamo quel che facciamo; non ho idea del perché ci sono persone che muoiono di fame mentre altre girano per il centro di una bellissima città con una Mercedes nuova fiammante, non ho idea del perché esista il dolore, la sofferenza, la crudeltà gratuita su questa Terra, ma vorrei tanto poter fare qualcosa nel mio piccolo per cambiarlo.

Forse il mio desiderio è piccolo, insignificante, secondario, troppo ambizioso. Può darsi, sì.
Però io davvero vorrei poter essere migliore.
Nella mia vita non ci sono state disgrazie insormontabili, per fortuna. Siamo mediamente sani, abbiamo una casa, da mangiare, sappiamo tutti leggere, scrivere e fare i conti ( beh, io non tanto in realtà, ma questo non conta ).
Pensando a chi muore a tre anni di stenti o di malattia, mi posso decisamente definire una persona molto fortunata.
Sarebbe da ipocriti dirti che questo mi basta, però, e sai bene, se ci sei, che io non sono così.
Perciò, se adesso sono qui, ferma al buio, e sto scrivendo queste parole, è per chiederti qualcosa di più.
Ti chiedo di darmi la possibilità di curare chi soffre, di dare pace ha chi ha solo tormenti, di avere le capacità di lottare fino all’ultimo per salvare una vita.
Io so che forse tu ci hai solo creati e che siamo abbandonati al nostro destino, però se così non fosse, se tu fossi in qualche modo in grado di intervenire, anche solo in minima parte, vorrei che facessi questo.
Non ti chiedo di risolvere i problemi che noi stessi abbiamo creato, solo di darmi la possibilità di farlo con le mie mani. Che certo non saranno molto, ma sono pur sempre qualcosa.

Io adesso sto guardando tutte queste pagine luminose che mi dicono che potrei aver fallito di nuovo, che potrei di nuovo non essere in grado di fare tutto questo, che non mi daranno questa possibilità, e non riesco a pensare ad altro se non al fatto che non so se senza questo la mia vita avrà mai un senso.
Se tu esisti, io ti prego, ti supplico, ti scongiuro di darmi questa possibilità.

Se sei stufo di riparare ai nostri guai, ti capisco. Se sei stufo delle nostre preghiere stupide, ti capisco. Anche se ritieni il mio un problema di poca importanza, ti capisco.
Ma ti giuro che non lo è.
Io so cosa voglio, so di cosa ho bisogno.
Ho bisogno di essere una persona migliore. Ho bisogno di lottare per qualcosa, per qualcosa in cui credo anche se so che probabilmente è una causa persa, di cercare a tutti i costi di cambiare persone che forse non cambieranno mai, di aiutare qualcuno che forse commetterà sempre i soliti errori.
Di poter prendere un aereo e vedere un mondo così lontano da me, eppure così distante.
Di poter arrivare ad ottant’anni e dire ai miei nipoti di quando ho salvato un bambino che stava morendo, e vedere ancora i suoi occhi, come fossero davanti a me in quel momento, e di piangere per un paziente che non ho potuto salvare, e di chiedermi se sono abbastanza brava o abbastanza intuitiva, e se non avrei potuto fare di più.
Ho bisogno di credere che la mia vita non sarà solo un monotono tran tran, che il mio lavoro non sarà solo un lavoro, ma avrà uno scopo, sarà un cammino senza fine, senza traguardo. Qualcosa che non finisce mai, ma è sempre in divenire, e c’è sempre di più, sempre qualcos’altro.

Non avercela con me se ti chiedo questo, ti prego.
Non avercela con me se non ti chiedo la pace nel mondo o di far sparire la Fame da questa Terra.
Io non voglio che sia tu a rimediare agli errori di qualcun altro.
Ma ti prego, ti prego ti prego.

Se esisti
permettimi di essere qualcosa di più di un altro inutile e distruttivo essere umano.



Giuro solennemente di consacrare la mia vita al servizio dell'umanità.
 Darò ai miei insegnanti il rispetto e la gratitudine che sono loro dovuti.
 Eserciterò la mia professione con coscienza e dignità. La salute dei miei pazienti sarà la mia prima preoccupazione.
Rispetterò i segreti che mi verranno confidati, anche dopo la morte del mio paziente. Manterrò con ogni mezzo a mia disposizione l'onore e le nobili tradizioni della professione medica. I miei colleghi saranno i miei fratelli e le mie sorelle.
Non permetterò che discriminazioni sull'età, malattia o disabilità, credo, etnia, sesso, razza, indirizzo politico, nazionalità, orientamento sessuale, classe sociale nè qualsiasi altro fattore intervengano tra il mio dovere e i miei pazienti.
Avrò sempre il massimo rispetto per la vita umana.
Non userò la scienza medica per violare i diritti umani e le libertà civili, neppure dietro minaccia.

Faccio questa promessa solennemente, liberamente e sul mio onore.

martedì 13 settembre 2016







HOLA!    

Oggi sono qui per parlare di libri.

Recentemente ho avuto il piacere di avere in anteprima una raccolta di racconti di un’autrice emergente, Delia Bluetales.

Mi sono appassionata al suo primo racconto, “ Farfalle del Deserto “, e l’ho letteralmente pregata di mandarmi qualcos’altro.

Sono stata accontentata, e poiché mi ha onorata in tal modo, ho pensato che sarebbe stato carino fare una piccola recensione della sua raccolta, che potrete leggere cliccando sul titolo.

 Ho cercato di essere il più obiettiva possibile, quindi spero che non me ne vorrà se le farò anche delle critiche, all’interno della recensione. Non mi piace parlare solo bene delle cose, lo sapete. Se dico la mia, la dico fino in fondo, nel bene e nel male.


Ma non indugiamo oltre e cominciamo!



 I segreti della Neva e altri racconti



 Prima storia: I segreti della Neva


Sinossi dell'autrice:


San Pietroburgo, 1880. Aleksej è un giovane musicista, studente di legge a tempo perso e ossessionato dal suo isolo musicale, il compositore Pëtr Il'ič Čajkovskij. Un giorno, l'amico Ivan lo trascina a una riunione di anarchici in cui incontra Sophia Perovskaja, una giovane rivoluzionaria. Aleksej, diviso tra l'ambizione di diventare un compositore e l'amore per Sophia, si ritroverà coinvolto in un complotto che culminerà nell'assassinio dello zar Alessandro II...

Note: L'anarchica Sophia e il compositore Čajkovskij sono realmente esistiti, mentre Ivan e Aleksej sono personaggi di fantasia.


***


 " I segreti della Neva " parte molto bene; scrittura fluida, taglio personale, scenario storico affascinante.

Non sono un'amante dei romanzi ( o racconti ) storici, ma Delia riesce molto bene a coinvolgermi negli scenari che sceglie per le sue storie.

Non era il suo primo racconto che leggevo, per cui sapevo già ( e se la leggerete lo scoprirete presto anche voi ) che le sue storie raramente hanno un vero e proprio lieto fine - o almeno, nel senso tradizionale del termine -, ma apprezzo comunque la sua scelta.

Lo stile è molto pulito, senza fronzoli inutili ma allo stesso tempo ricco di dettagli e descrizioni, che non sono mai banali e scontate, ma offrono sempre spunti nuovi di riflessione al lettore.

Non per nulla, più di una volta, leggendo, ho completamente dimenticato che stavo leggendo un'autrice emergente, giovane e con ancora relativamente " poca " esperienza come scrittrice.

Se non avessi saputo chi leggevo avrei pensato di star leggendo un'autrice affermata, con molti più anni di età e di esperienza letteraria, non una ragazza con cui parlo ogni giorno.

La trama è avvincente, non annoia mai, il contesto storico è ben definito, corretto, ricco di dettagli che ci fanno capire quanto l'autrice si sia effettivamente documentata prima di scrivere, e in alcuni punti stringe anche l'occhiolino ai lettori più colti che possono cogliere riferimenti ai grandi classici russi ( altrimenti esplicitamente spiegati nelle note dall'autrice stessa ).

Unica pecca della storia, a mio parere, è il dosaggio tra azione e sentimento.

Senza voler fare spoiler a nessuno, ho trovato che la storia d'amore sia stata troppo poco sviluppata, a malapena accennata, quasi buttata lì senza una vera base solida, senza un'introspezione dietro, semplicemente una leva per alcune azioni e conseguenze che fanno muovere in avanti la trama.

Non mi aspettavo certamente che il fulcro fosse la storia d'amore, ma visto che viene tirata in ballo e usata come punto di causa- effetto credo che andasse analizzata più a fondo. Non necessariamente con pagine e pagine, ma con qualcosa di più di quello che effettivamente succede e viene detto.

Un amore che è causa scatenante di azioni così importanti e rischiose dovrebbe basarsi su qualcosa di più concreto che i sogni e le fantasie di un ragazzo, secondo me.

Il finale, come sempre, è un'incognita. Se devo essere sincera non sono sicura di averlo compreso appieno, però non mi ha lasciato insoddisfatta, anzi. L’ho trovato d’effetto e molto poetico.





Racconto II: Il genio della Julliard


Sinossi dell'autrice:


New York, giorni nostri.  Alla prestigiosa accademia Julliard, i due violinisti Phil e Des lottano in un ambiente spietato e competitivo per rimanere a galla e non soccombere allo stress. La New York Symphony, in cui Des sogna di entrare fin da bambino, minaccia di chiudere i battenti, e anche il futuro del quartetto dei due ragazzi è in crisi. Per fortuna, gli studenti della Juilliard possono avvalersi – dietro compenso – dei servigi di un genio eccentrico e sopra le righe, una violoncellista dal passato misterioso…

***


 Questo secondo racconto mi ha lasciata molto sorpresa, perché è totalmente diverso dal primo, in ogni cosa.

Lo stile è diverso, più fresco, giovane, quasi da “principiante”.

Le note sono rosate, anche se l'autrice non perde mai di vista la sua bravura e non scade mai nel prevedibile.

Ovviamente, come ci aspettiamo, ci asseconda con una storia d'amore, ma non è banale, non è trita e ritrita.

È un vento leggero, una botta di vita, come un sorbetto per rifarsi la bocca dopo un gusto forte e penetrante.

Azzeccatissima l'idea di metterla per seconda; specialmente se il lettore non è abituato, cominciare subito con una storia triste e seria come quella di Alexej può demoralizzare, per quanto scritta bene.

Anche stavolta i personaggi mi sono piaciuti moltissimo, sono ben caratterizzati, e stavolta devo dire che per gusto personale forse li ho apprezzati ancora di più, mi ci sono affezionata. Probabilmente è perché il registro tenuto in questo racconto ancora ha molta presa sulla parte di me che è rimasta adolescente e vuole sognare e divertirsi nel vedere “come vanno avanti le cose”, o forse perché ogni tanto prendersi “meno sul serio” fa anche bene.

È ammirevole di Delia che riesca a cambiare stile e registro così facilmente e senza perdere il suo spessore; nonostante questo racconto fosse volutamente un po’ anche una “favola” è sempre stato ben scritto, scorrevole, ricco di citazioni colte, appassionante, coinvolgente e originale.

Nessun appunto stavolta, anzi. Direi che è il caso di dirlo:

 #OGNITANTOUNAGIOIA



 Racconto III: Lo specchio di Felix


Sinossi dell’autrice:

 Breve racconto introspettivo sulla vita della pianista e compositrice Fanny Mendelssohn, sorella del più noto Felix. Da Amburgo a Berlino, la sua vita in sordina, all’ombra del fratello, si dipana come una rapsodia in toni intensi e malinconici.


                                                                           ***


 L’ultimo racconto è quello che mi è piaciuto meno, seppure sia sempre ben scritto.
È ricco di dettagli, forse troppo, e non mi ha lasciato niente addosso, al contrario dei primi due.
Senza dubbio sono fedeli le ricostruzioni storiche e si vede che l’autrice è ben documentata, ma ho comunque riscontrato un paio di “imprecisioni” nelle tante informazioni che ci vengono fornite da lei stessa, tramite la sua protagonista, e che a mio parere stonano un po’, dando una sorta di effetto “ lista della spesa”, con il susseguirsi di eventi come un libro di storia, che purtroppo non offre molto di più della mera ricostruzione cronologica.

Il rapporto tra Felix e sua sorella non mi ha coinvolto più di tanto; è un rapporto che viene descritto come forte, intenso, ai limiti del romanticismo cupo della sua epoca, ma che non riesce però a trasmettere quelle emozioni a chi legge.

O almeno, non c’è riuscito con me.

Per tutto il racconto ho desiderato sapere di più di Fanny, l’ho sentita distante. Anche quando raccontava dei suoi sentimenti e desideri in prima persona, era come se fosse un narratore esterno e freddo a scrivere, non una giovane donna che sta affrontando i drammi di una società che le tarpa le ali.

Non ho sentito pathos, non una briciola della potenza di Schiller o Goethe, non un briciolo di “Sturm und Drang”.

In questo stato d’animo, ho anche notato di più delle piccole sbavature tecniche come qualche frase poco fluida ( che potrebbe essere stata rivista e corretta dall’autrice in seguito, dato che ho ricevuto la raccolta in anteprima e non so se ci sia stata un’ulteriore revisione prima della pubblicazione online) e qualche piccola incongruenza.

Per esempio, all’inizio del racconto viene detto che la piccola Fanny, di soli tre anni, tiene in braccio il fratellino appena nato: cosa piuttosto incredibile, dato che sua madre viene descritta fin da subito come una donna piuttosto severa, se non altro molto inquadrata nel suo ruolo e ligia alle regole formali di comportamento; è piuttosto strano che abbia permesso ad una bimba così piccola di tenere in braccio un neonato, che deve essere sostenuto in un certo modo ed è molto delicato. Inoltre, Fanny stessa dice che non appena prende il bambino in braccio questo le sorride, ma è assai improbabile: i bambini appena nati non sorridono; al massimo si può verificare che dopo qualche settimana vi sia un riflesso incondizionato, durante la fase REM del sonno, che li spinge a “sorridere”, anche se non è un atto volontario né tantomeno sociale come ci fa intendere la protagonista.

Quando parla degli autori del suo tempo, poi, fa un paio di riferimenti a Jane Austen, dicendo addirittura che diversi conoscenti gliela indicano come una “ lettura più adatta alla sua età e al suo sesso “, rispetto ad autori come Goethe, e che le viene quindi quasi “ consigliato” di limitarsi alla lettura dei suoi romanzi e lasciar perdere autori “ più seri”.

Questo mi ha lasciata un po’ perplessa, perché in realtà i romanzi della Austen vennero pubblicati anonimi, semplicemente con indicazioni quali “ by a Lady “ o “ by the author of…”, da suo fratello Henry, poiché a lei non era consentito di farlo personalmente.

Solo dopo la morte dell’autrice il fratello rivelò in pubblico il nome dell’autrice.

È possibile che in cerchie ristrette di aristocratici il nome della Austen fosse conosciuto, ma è poco probabile che una ragazzina parlasse di “ Jane Austen” chiamandola per nome, poiché la sua identità non era certa e soprattutto i suoi romanzi, soprattutto all’inizio furono un piccolo scandalo, in quanto ironizzavano sulla società borghese.

Personalmente ho trovato poco credibile una conversazione del genere, ecco.

Il finale non mi ha sorpreso né mi ha fatto dispiacere; non mi sono sentita coinvolta nella vicenda di Fanny o di Felix; ho semplicemente riconosciuto la bravura di Delia nelle descrizioni, nei dialoghi, nei costrutti, nello stile.

Un racconto formalmente molto ben fatto, ma che purtroppo mi ha lasciato insoddisfatta.


 ***


Il giudizio complessivo di questa raccolta è piuttosto positivo, anche se devo essere sincera, è stato parecchio intaccato dall’ultimo dei tre.

Un po’ come quando tutto il pranzo è buono ma il dessert ha qualcosa che non va e ti alzi da tavola un po’ deluso.

Ribadisco che mi piace molto lo stile di Delia, le faccio i miei complimenti per la sua bravura nelle costruzioni, nella scelta del taglio di narrazione e tutto, però ci vuole quel qualcosa in più nelle storie perché davvero ti rimangano nel cuore e non sempre la bravura tecnica basta. Mi è dispiaciuto molto non trovare questo qualcosa nel racconto di Felix.

Detto questo, la raccolta merita di essere letta, Delia merita di essere conosciuta e di poter proseguire il suo percorso, perché a mio parere ha stoffa e con piccoli aiuti tecnici può diventare un’autrice come si deve, non solo limitarsi al mondo del web, ma vedere le sue storie sugli scaffali delle librerie.


Vorrei aggiungere che, per mio parere personale, se volete cogliere la sua essenza dovete prima leggere “ Farfalle del deserto ”, che ho nominato anche all’inizio e che potrete leggere cliccando direttamente sul titolo.

È un racconto breve ma intenso, che vi emozionerà e vi farà capire di cosa è capace questa ragazza.

( E di cui, forse, a breve arriverà anche una recensione, chissà… )


Detto questo vi saluto, e buona lettura a tutti!